"Quando anche le donne si misero a dipingere" ha scritto Anna Banti in un piccolo testo dedicato alla signore dell'arte.

Non è facile stabilire quando le donne hanno iniziato a dipingere, non esiste una data precisa. Spesso le giovani figlie frequentavano le botteghe dei padri e mescolavano i colori. Nel Trecento fiorentino ci sono alcuni casi di monache che si dilettavano nella pittura.

Ma quando diventa un lavoro? Nel secondo metà del Cinquecento qualcosa cambia: certi padri si rendono conto della bravura delle figlie, le donne acquisiscono consapevolezza delle loro doti artistiche.

La bolognese Lavinia Fontana inizia la sua carriera copiando le incisioni di Raffaello. Elisabetta Sirani segue la maniera di Guido Reni e elabora un personalissimo linguaggio.

Ma è Roma a dare i natali alla più famose pittrice del Seicento: Artemisa Gentileschi.

Artemisia (1593-1653) cresce a Roma, in un’epoca in cui la città è il centro della pittura; figlia primogenita del pittore Orazio Gentileschi, rimane orfana di madre già all’età di dodici anni. Pur dovendosi occupare dei tre fratelli e delle faccende di casa, ben presto si dimostra interessata al mestiere del padre, il cui atelier era adiacente alla loro abitazione. 

In quel tempo a Roma operava Michelangelo Merisi già noto come Caravaggio, con il quale Orazio ebbe un rapporto di amicizia; certamente anche Artemisia, come molti altri colleghi, fu colpita da quell’artista che aveva introdotto il realismo nella pittura.

La formazione di Artemisia avviene dunque nell’atelier del padre, che era frequentato da molti pittori, tra i quali Agostino Tassi, che insegnava ad Artemisia la tecnica della prospettiva. 

Nel 1611 un fatto tracciò uno spartiacque nelle vicenda biografica della giovane donna: il Tassi si infatua di le e la violenta. Nonostante Orazio fosse venuto a conoscenza dell’accaduto, la violenza viene taciuta per un periodo. 

In quell'epoca la violenza sessuale non era considerata un reato contro la donna, ma contro l’onore della famiglia. Artemisia, spinta dal padre, si decide a denunciare il Tassi per stupro. Sarà soprattutto la pittrice a uscire afflitta dal processo: il suo onore e quello della famiglia Gentileschi era compromesso.

Artemisia si trasferisce a Firenze, dove elabora uno dei quadri più celebri: Giuditta che decapita Oloferne. Artemisia, donna, si immedesima in Giuditta, eroina che libera il popolo ebraico, e riporta sulla tela il sentire, la rabbia e la forza. si concentra sulla violenza e sullo sforzo fisico che le due donne, aiutandosi l’un l’altra, riescono ad aver ragione sul tiranno. L’opera risulta di una forza sconcertante.

Le donne ritratte da Artemisia Gentileschi sono delle eroine contemporanee, con abiti ricchi di pizzi e ricami e gioielli pendenti bellissimi: ne sono un esempio la Giuditta e Fantesca di Detroit e la sofistica e composta Maddalena di Palazzo Pitti. 

I dettagli degli oggetti sono ripresi in maniera calligrafica, con una dovizia di particolari che deve a Caravaggio ma viene rielaborata in un equilibrio di luci, colori e minuzia.

Dal 1630 troviamo Artemisia a Napoli: agli inizi del XVII secolo la città partenopea era la più grande città d’Europa, seconda solo a Parigi; Napoli era la nuova capitale dell’arte, meta di mercanti e artisti in cerca di committenze.

La versatilità di Artemisia è conseguenza diretta del suo ingegno artistico: in questi anni l’artista affronta una molteplicità di temi, tele di grandi dimensioni riflesso di una committenza variegata, monarchia, ordini religiosi e nobili napoletani. 

Una delle opere più interessanti di questo periodo è l’Autoritratto come allegoria della Pittura, nelle collezioni di Kensington Palace.

Artemisia si ritrae come allegoria, porta al collo una lunga catena d’oro con un medaglione, una maschera che rappresenta l’imitazione, ha i capelli scompigliati, la ciocca sul viso, e tiene con una mano il pennello e con l’altra una tavolozza. La Pittura è rappresentata nella frenesia della creazione artistica con una prospettiva nuova e una grande libertà compositiva. Artemisia Gentileschi ci pone di fronte ad una riflessione: che cos’è la pittura? Siamo lontani da raffigurazioni ideologiche, la pittrice romana ci parla di una pittura non come arte contemplativa, ma fisica. 

Artemisia Gentileschi porta una nuova idea di pittura, dal teatro caravaggesco, ai colori toscani, la sensibilità femminile, nelle forme e nell’animo entra nella storia dell’arte.

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